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Scritti per Ventiquattro

A Milwaukee gli orti di città sfidano il fast food

di Anna Lagorio

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Will Allen, fondatore nel 1993 della ong Growing Power. La fattoria urbana si prefigge di estendere il più possibile l’accesso al cibo sano  foto di Darren Hauck

Will Allen, ex giocatore di basket, ha un sogno: formare comunità di city farmer e produrre alimenti sani. Ha incominciato su un terreno di neppure un ettaro alla periferia della città, con cui oggi rifornisce diecimila persone. Ora punta a 77mila lotti vacanti a Chicago





Ogni volta che arriva un gruppo di studenti, la scena si ripete. Dall'alto dei suoi due metri, Will Allen si china a terra, affonda le mani nel terreno e ne estrae una zolla. Poi la spezza e divide i cubetti erbosi fra i presenti. Alla fine di questa mini-eucarestia agricola, guarda il suo pubblico negli occhi, trattiene il fiato e poi sussurra con voce ispirata: «Vede-te. Il cambiamento inizia qui».
Oratoria obamiana, fisico da peso massimo e gesti gentili, hanno reso Allen il paladino dell'agricoltura urbana. Oggi Growing Power, la fattoria che ha aperto nel 1993 a Mil-waukee, è una mecca per neoagricoltori, ambientalisti e professionisti impegnati nel dibattito sulla riforma dell'industria alimentare. In questo think tank agricolo, Allen tocca que-stioni scottanti come il diritto al cibo, le differenze fra Nord e Sud del mondo, ma anche fra centro e periferia. «Prima che arrivassimo noi, da queste parti c'era solo uno spaccio che vendeva scatolette, bevande gassate e patatine fritte. Non esistevano ristoranti, soltanto un paio di fast food. Le persone non avevano idea di che cosa significasse sedersi a tavola per mangiare insieme».

"Da queste parti" è la periferia nord di Milwaukee, in Wisconsin, un quartiere-dormitorio abitato perlopiù da afroamericani. Non ci sono negozi, né alberi o marciapiedi.
Da quando Growing Power è diventata un polo d'eccellenza del good food movement, Allen viaggia da una parte all'altra degli Stati Uniti per raccontare come ha fatto a tra-sformare una periferia anonima e depressa in un Eden lussureggiante, con tanto di serre per la produzione di frutta e verdura biologiche, stalle per le capre, aie per anatre e tacchi-ni, arnie per la produzione di miele e vasche per l'allevamento di pesce persico. Il tutto a ridosso di una superstrada.
Grazie al suo carisma (e a una corporatura che rende difficile dirgli di no), è riuscito a coinvolgere i giovani del quartiere nel suo progetto. «Quando sono arrivato, qui intorno c'era il deserto. Ho incominciato a collaborare con Heifer International, una fondazione specializzata nell'inserimento lavorativo di adolescenti a rischio. Assieme abbiamo reclutato un bel po' di ragazzi e cominciato a ripulire il terreno. Abbiamo rastrellato, concimato, innaffiato fino a quando è arrivato il primo raccolto».

Oggi, con meno di un ettaro a disposizione, la ong Growing Power produce cibo di qualità per diecimila persone e colleziona riconoscimenti importanti. Come quello della Ma-cArthur Foundation: un premio di 500mila dollari conferito «per il ruolo di guida e di ispirazione all'interno della comunità».
«Per farci conoscere dai nostri vicini, andavamo a suonare i campanelli con scatole di frutta e verdura. Le vendevamo a prezzi molto bassi, sapendo che i nostri concorrenti e-rano hamburger e ciambelle glassate».

Ora che la domanda di cibo biologico ha subito un'impennata senza precedenti, Allen sa di non poter soddisfare tutte le richieste che arrivano da scuole, ristoranti e mercati lo-cali. «Ma è importante che una parte del raccolto resti qui. A disposizione degli abitanti delle case popolari. Mangiar sano è un diritto e dobbiamo fare in modo che sia alla portata di tutti». Così le vegetable box viaggiano da una parte all'altra del quartiere alla velocità della luce. Spesso portando con sé gli interrogativi delle massaie convertite: cosa devo fare con la rucola? Come si usano i germogli di crescione? Come si fa il purè di patate?

«Chi ha dei dubbi può fare un salto da noi - spiega Allen -, il Community Food Center è sempre aperto». Oltre a fornire consigli di cucina naturale, il centro è la sede dei workshop di agricoltura sostenibile. Frequentati soprattutto da neocontadini alle prime armi, i laboratori offrono un'introduzione alla vita di fattoria. Le classi più numerose sono quel-le di vermicoltura e compostaggio. «Un buon compost deve essere soffice e deve avere l'odore gradevole del terriccio di bosco. Per farlo, bisogna trovare la giusta miscela fra scarti umidi e scarti secchi», spiega Allen, mentre gli studenti armati di rastrello mescolano l'impasto ancora acerbo. «Il compost deve essere costantemente arieggiato, perché i micror-ganismi vivono in presenza di ossigeno. In questo modo si evita la formazione di cattivi odori».

Quando parla di compost, il volto gli si illumina e i lineamenti si distendono. Del resto, la sua è una passione antica. «Negli anni Settanta giocavo a basket a livello agonistico. Per qualche anno, ho fatto parte di una squadra belga. Vivevo in campagna vicino ad Anversa e tutti i giorni passavo un po' di tempo con i contadini. Ho imparato da loro a "compo-stare" i rifiuti. Poi, a un certo punto, è scattato qualcosa nella mia mente. Ho ripensato all'infanzia, a quando mio padre mi portava con sé nei campi. Ho chiesto all'allenatore di po-ter avere un pezzo di terra e, nel giro di pochi mesi, le mie galline producevano più uova di quante la squadra riuscisse a consumare».

  CONTINUA ...»

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